Spesso i produttori di vini naturali sono criticati perché non adottano soluzioni per limitare difetti come l’ossidazione o l’acidità volatile, ma in definitiva questo fa parte di una scelta d’impostazione per la loro azienda, che può trovare anche il gradimento di una parte del pubblico.
Il tema sui difetti, quindi, e sull’ossidazione in particolare, non riguarda tanto i consumatori perché, se questi vini trovano mercato il problema non sussiste. È piuttosto una scelta che riguarda il modo con cui un produttore ritiene di dover fare il vino.
Se punta a realizzare vini del territorio, che esprimano le tipicità varietali e della tradizione produttiva, è opportuno evitare l’ossidazione, perché questa tende a omologare il gusto, a far sembrare i vini tutti uguali. Se invece si punta soprattutto sull’aspetto della naturalità, allora si può anche decidere di lasciare ossidare il vino.
I vini convenzionali e i vini naturali rappresentano due poli opposti che si confrontano. Si avverte però la necessità di costituire delle filiere vitivinicole, che riescano a coniugare sostenibilità e qualità, attraverso un nuovo concetto di naturalità coinvolgendo sia il mondo scientifico che quello dell’industria ed i soggetti pubblici.
I progressi raggiunti dalla cosiddetta viticoltura di precisione, applicabile ormai anche ad aziende di piccole dimensioni, consentono di valutare lo stato vegeto-produttivo nelle diverse parti di un vigneto e di adeguare le somministrazioni degli input energetici (concimi, acqua irrigua, prodotti antiparassitari, etc ) in funzione dei reali fabbisogni delle piante e sono la modalità più efficace per valorizzare il terroir nel rispetto della sostenibilità ambientale ed economica.
Tecnica e tecnologia evolvono, le fonti di informazione si moltiplicano, ma purtroppo la competenza non corre alla stessa velocità e la scienza non sempre viene divulgata: fake news, disinformazione, allarmismi ne limitano una diffusione corretta.
Gabriel Tarde (1903) affronta per primo il tema della divulgazione dei lussi o populuxe. “Un’innovazione” sottolineava Tarde “entra nel mercato come la stravaganza di un’élite prima di trasformarsi definitivamente, passo dopo passo, in un bisogno di tutti e da tutti considerato indispensabile”. Quello che una volta era un lusso diventa nel tempo una necessità. L’innovazione può partire dai ranghi più bassi del popolo, ma la sua estensione dipende dall’esistenza di una certa componente di socialità elevata.
Il collo di bottiglia è quindi la grande carenza di formatori e comunicatori che coniughino le competenze tecniche con la capacità di farsi non solo comprendere, ma anche di affascinare chi ascolta o legge. Qualsiasi sia il canale di comunicazione. Prima di schierarsi con ciò che è “senza” bisognerebbe essere certi di avere consapevolezza e conoscenza di ciò che è “con”.
Foto di Ambitious Studio* – Rick Barrett
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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.
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