A metà degustazione vediamo facce perplesse. Un po’ è il caldo del Vinitaly, con i suoi ritmi serrati e frenetici, ma c’è dell’altro. E non ha che fare con la qualità dei vini che stiamo raccontando: una verticale di Pecorino marchigiano dal 2023 al 2008, 15 annate di 15 cantine del Piceno organizzata dal Consorzio di Tutela. Una parte dei produttori sta pensando a quante bottiglie sono rimaste in cantina di quel millesimo, pochissime, altri dichiarano apertamente di aver fatto errori d’interpretazione nel percorso di questa varietà . Nel gruppo dei secondi ci infiliamo anche noi giornalisti, che abbiamo nettamente sottovalutato la tenuta nel tempo e l’evoluzione del Pecorino marchigiano o abruzzese che sia. Una precisazione, se oggi siamo qui a dilettare del Pecorino lo dobbiamo a una persona: Guido Cocci Grifoni. Nel 1983 scopre delle marze piantate in un luogo assurdo per la viticoltura, a 1000 metri di quota dalle parti di Arquata del Tronto, borgo semi-abbandonato nelle ultime propaggini delle Marche verso il Lazio. Studia la varietà , la pianta e la valorizza, di fatto salvandola dall’estinzione. Oggi è una preziosa fonte di ricchezza per il territorio Piceno e per quello abruzzese (Cataldi Madonna ha avuto un ruolo cruciale nella sua comunicazione), dove mette seriamente in discussione la storica competizione Trebbiano–Montepulciano.
Torniamo nel bicchiere, la differenza tra i vini più giovani, e quelli della prima maturità (almeno 5 anni di invecchiamento) è enorme. E la prima considerazione non è sugli aromi ma sul piano della consistenza. Il Pecorino marchigiano riesce ad abbinare succo, potenza e freschezza in registri spesso molto originali e difficili da schematizzare. Nella stessa bevuta riesce a essere ricco e opulento, e al contempo, vivo e grintoso. Una caratterisca che emerge con forza nel tempo, con vini che a volte sembrano partire molto voluminosi. E poi con l’evluzione te li ritrovi incredibilmente più snelli e scattanti.
Insomma, diventa davvero difficile annoiarsi. È anche lì dove legno e ciccia sembrano schiaccianti riesce comunque a trovare velocità e movimento sul palato. Parliamo di uno stile distintivo, con progressioni che più che sull’acidità sono giocate sul sapore, con note di frutta secca e spezie a rilanciarsi in evoluzioni molto sorprendenti. Dalla degustazione emerge che tanti produttori hanno cambiato più volte interpretazione in questi anni, proprio per questo carattere cangiante difficile da mettere a fuoco. Eppure, sul piano del rapporto qualità -prezzo si trovano alcune delle cose più interessanti a livello nazionale. E siamo convinti, anche in questo caso, che il potenziale d’invecchiamento sia superiore a molti vini rossi. E ancora troppo poco esplorato.
Offida Pecorino Irata 2020 – Clara Marcelli
Uno stile molto personale, con un frutto aperto e maturo che anticipa una naturalezza gustativa avvincente. Note succose di mela e mandorla vibrano grazie a una sapidità perfettamente integrata. Goloso.
Falerio pecorino Onirocep 2016 – Pantaleone
Che slancio! L’annate esalta un profilo giocato su una tensione acida importante su cui costruisce un registro di spezie e fiori. Ha grinta agrumata e un palato teso e saporito, non è nemmeno a metà del suo percorso evolutivo. Impressiona.
Offida Pecorino 2013 – De Angelis
Ricco, pieno, muscoloso. Note di frutta secca, pesca e mandorla tostata anticipano un palato cremoso e ben disteso, grasso e appagante. Riesce a trovare un brio inaspettato, con un frutto morbido molto invitante. Da carni bianche ben speziate.
Offida Pecorino Io sono Gaia non sono Lucrezia 2012 – Le Caniette
Gaia ama le spezie: pepe bianco, canfora, anche zenzero. Poi arrivano le erbe officinali, la nota mentolata e una bocca che cambia in maniera repentina. Lascia a casa la linearità , si accende e riparte, con un’articolazione complessa e profonda.
Offida Pecorino Reve 2010 – Velenosi
Partenza carica di frutto e sensazioni tostate, con una punta di caramello salato e liquirizia. La bocca si conferma voluminosa, con toni di pesca e papaia e un legno molto ben integrato. Ha un punto d’equilibrio insolito, il finale è vivo, armonico e speziato.
Offida Pecorino Ciprea 2009 – CapecciÂ
Sensazioni di noci e mandorla, attacco timido. Il palato è altra musica: tagliente, con note invitanti di scorza di limone e sesamo, ma anche una piccantezza insolita e gustosa. Il finale è equilibrato, sapido e decisamente persistente. Che carattere!
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