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Il piccolo laboratorio di periferia che ha convinto anche i più scettici: la storia di Drink IT e dei suoi cocktail pronti

Nata nel 2016, l'azienda laziale oggi ĆØ una delle realtĆ  più innovative nel settore dei cocktail pronti da bere, con un’espansione internazionale e un focus sulla qualitĆ  artigianale. E presto arriverĆ  anche il primo prodotto analcolico

  • 07 Agosto, 2024

In un angolo della periferia romana, all’interno di uno spazio di appena 30 metri quadrati, ĆØ nato il primo liquorificio in Europa di cocktail ready to drink. Era il 2016, e in tempi non sospetti, quando ancora i drink pronti da bere non spopolavano, anzi erano visti con diffidenza, Emanuele Broccatelli, giĆ  affermato bartender, ha avuto un’intuizione che ha cambiato per sempre il modo di concepire i cocktail. Un’idea nata quasi per caso, ma destinata a trasformarsi in successo: portare la qualitĆ  e la cura della miscelazione artigianale direttamente nelle case dei consumatori, dei ristoranti, hotel ed eventi in generale. Oggi, quella piccola realtĆ  dal nome Drink IT, non solo ha conquistato il mercato italiano, ma si appresta a sbarcare in tutto il mondo, con la stessa passione e attenzione ai dettagli che ne hanno caratterizzato gli esordi.

L’intuizione dietro Drink IT

Tutto ĆØ iniziato con una domanda semplice: Ā«Cosa succede se metto un drink in bottiglia?Ā». Emanuele Broccatelli, bartender che ha lavorato nei locali più rinomati di Roma – tra cui Stazione di Posta a Testaccio e l’Hotel Majestic a via Vittorio Veneto – all’epoca si era avvicinato al mondo del vino, studiandone i processi di affinamento in bottiglia che permettono al vino di evolvere. Ā«Il tempo aiutava tantissimo e il risultato era ottimoĀ», racconta. Da qui, l’idea di applicare le stesse tecniche ai cocktail, mettendoli in bottiglia per vedere cosa sarebbe successo a livello tecnico e qualitativo. L’idea ha portato, nel 2015, all’apertura di 47 Barrato – aperto da Broccatelli insieme all’allora socia Valeria Bassetti – un piccolo locale situato nel quartiere Monti a Roma (ne avevamo parlato qui). Ā«Le persone volevano portarsi a casa i nostri drinkĀ», ricorda Emanuele. L’esperimento ha dato i suoi frutti: i primi cocktail imbottigliati hanno avuto successo, col tempo i clienti continuavano a chiederli, tanto che Broccatelli iniziò a imbottigliarli direttamente al bar. Da qui, la decisione di aprire un vero e proprio liquorificio a Ciampino, un piccolo spazio di appena 30 metri quadrati, dove ĆØ iniziata la produzione di cocktail ready to drink, un segmento di mercato allora completamente inesplorato in Europa.

L’espansione dell’azienda

Dal primo laboratorio a Ciampino, Drink IT ha visto una grande crescita, culminata nel 2021 con un’impennata del fatturato. Ā«Lo abbiamo moltiplicato per dieciĀ», dice Danilo Cipollini, socio di Drink IT dal 2021 e responsabile della parte commerciale. La crescita ha richiesto più spazio per la produzione, e da pochi mesi l’azienda si ĆØ trasferita in un laboratorio più grande, di 250 metri quadrati, alle porte di Roma. Dietro al successo c’è un continuo studio del prodotto, Ā«investiamo quasi tutto in ricerca e sviluppoĀ», spiega Cipollini, fondamentale per mantenere alta la qualitĆ  delle miscele. Drink IT ĆØ infatti l’unica azienda in Europa a utilizzare frutta fresca nei propri cocktail, garantendo una shelf life di un anno.

Rompere i pregiudizi sui ready to drink

Sono passati quasi dieci anni dall’apertura di Drink IT, e oggi, la percezione di cocktail giĆ  pronti ĆØ cambiata molto, anche in Italia, stando agli ultimi dati di Cga by NielsenIq. Inizialmente, la risposta del pubblico era tutt’altro che positiva. Ā«All’inizio tutti ci associavano a prodotti mass market, tipo i “breezer” che erano molto in voga negli anni Novanta e erano ad appannaggio di un pubblico molto giovaneĀ», racconta Emanuele. Ma con il tempo e grazie a un assaggio diretto, il pubblico ha iniziato a comprendere che i cocktail di Drink IT, come anche quelli di altre piccole aziende concorrenti che iniziavano a muovere i primi passi, erano tutt’altro che banali. Ā«L’intuizione di Emanuele ĆØ stata controintuitiva: proporre gradazioni più alte e aumentare al massimo qualitĆ Ā», aggiunge Cipollini. Una delle sfide principali, in primis, ĆØ stata educare i consumatori su come gustare i cocktail ready to drink. Ā«C’era diffidenza perchĆ© non si sapeva neanche la modalitĆ  di consumo: con ghiaccio o senza ghiaccio?Ā», ricorda Broccatelli. La risposta ĆØ semplice: la bottiglia di vetro mantiene il freddo e il drink ĆØ giĆ  pronto per essere bevuto, senza bisogno di aggiungere – obbligatoriamente – ghiaccio.

SƬ, ma quali sono i vantaggi?

Quando si parla, più in generale, dei vantaggi che i rtd offrono ai locali, Emanuele Broccatelli, non ha dubbi: Ā«In un contesto in cui ĆØ sempre più difficile reperire personale qualificato nei bar, non solo in Italia ma livello internazionale, le miscele giĆ  pronte hanno il vantaggio di potersi permettere una sola persona dietro il banconeĀ». Ma l’effetto scenografico legato al lavoro del bartender? Ā«Oggi, sempre meno persone desiderano stare al bancone, a meno che non siano veri appassionati. Per questo motivo, il concetto di bar può evolversi: puoi portare il servizio al tavolo, proprio come si fa con il vino. In questo modo, il bar non ĆØ più legato al suo spazio fisico dietro il bancone, ma diventa mobileĀ». E Cipollini aggiunge: Ā«Non vogliamo la morte del barman, anzi. Vogliamo mostrare che esiste un’alternativa: un locale può avere sia le nostre referenze, sia opzioni create dal barman. Una cosa non esclude per forza l’altraĀ».

L’espansione internazionale

Oggi, Drink IT ĆØ gestita da un team affiatato composto da Emanuele, Danilo e Claudio Lo Tufo, i tre soci, insieme anche a Stefano Cristiani, giovane bartender che si occupa della ricerca e produzione all’interno dell’azienda, Giuliano e Elisa, che invece si occupano dell’amministrazione. L’azienda, pur rimanendo relativamente piccola, ha giĆ  iniziato ad espandersi sul mercato internazionale, esportando i propri prodotti in Belgio, Francia, Grecia, Germania e Cipro, con l’obiettivo di sbarcare negli Stati Uniti entro il prossimo anno.

Il successo di Drink IT non ĆØ una questione di marketing, ma di qualitĆ  del prodotto e della filosofia che lo guida. Ā«Noi usiamo frutta vera, che varia nei cocktail in base alla stagionalitĆ , e i nostri ready to drink hanno il sapore autentico degli ingredientiĀ», spiega Emanuele. Questa attenzione ai dettagli, agli equilibri e alla pulizia in laboratorio ha permesso all’azienda di ottenere un prodotto con una shelf life di tre anni o più, anche se, in teoria, non scadono mai. Ā«Ho un negroni a casa creato prima che nascesse la societĆ , ogni tanto lo assaggio, ed ĆØ buonissimoĀ», riferisce Emanuele, aggiungendo: Ā«Come ĆØ un Barolo dopo due anni e come invece risulta dopo dieci anni? Lo stesso vale per i drinkĀ».

Anche la pandemiaĀ ha contribuito all’affermazione decisiva dei rtd sul mercato internazionale, cambiando radicalmente le abitudini dei consumatori: Ā«Dopo il Covid, tanti giovani che prima frequentavano i bar, oggi preferiscono stare a casa e fare feste domesticheĀ», osserva Emanuele. Questo ha portato anche a un aumento della consapevolezza sull’alcol e ha spianato la strada a prodotti con gradazioni alcoliche più basse, come i cocktail low e no-alcohol, un segmento in cui Drink IT si sta preparando a entrare con il suo primo drink analcolico.

La sfida dell’analcolico e il futuro

Sicuramente, creare un cocktail analcolico e che mantenga lo stesso livello di qualitĆ  e stabilitĆ , rispetto a un prodotto alcolico ĆØ stato un compito arduo: Ā«Ci ĆØ voluto ancora più sviluppo e ricercaĀ», racconta Emanuele. Ā«Se per stabilizzare l’alcol hai il preservante naturale che ĆØ l’alcol stesso, nell’analcolico non hai niente di tutto questoĀ». Tuttavia, dopo molte sperimentazioni, il team di Drink IT ĆØ riuscito a trovare la formula giusta e il lancio del primo drink analcolico ĆØ previsto per la fine di settembre. Guardando al futuro, il programma ĆØ quello di espandersi ulteriormente, sia a livello di spazi produttivi che di mercati internazionali. Ā«A nemmeno un anno dal trasferimento nel nuovo spazio, ci sentiamo giĆ  strettiĀ», ammettono i soci. E l’obiettivo ora ĆØ crescere insieme al mercato e sviluppare una serie di laboratori in giro per il mondo.

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