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Ad Ortona la buona cucina di un ristorantino contamina l’Abruzzo con l’Argentina

Tra i vicoli della cittadina costiera nella provincia di Chieti, dove nasce la Costa dei Trabocchi, Gaia e Mirco hanno scommesso tutto su una cucina che contamina la tradizione abruzzese

  • 01 Settembre, 2024

Siamo in provincia di Chieti, qui prende il via la “ciclopedonale” che per 42 chilometri percorre tutta la Costa dei Trabocchi fino a Vasto, costeggiando il tratto di mare piĂą bello dell’Adriatico abruzzese. Se volete mangiare su un trabocco, ne parliamo qui, ma se vi trovaste a passeggiare per la cittadina di Ortona c’è un angolino che non dovete perdere di vista. Si chiama Tapanì, ed è un ristorantino che abita l’angolo al piano strada tra via Giudea e via Guglielmo Marconi, cui si accede dal civico 7. Qui Gaia e Mirco, che sono una coppia anche nella vita, hanno deciso di dare espressione alle loro professioni avventurandosi da ormai due anni nel fondere, o meglio avvicinare, la cucina abruzzese che appartiene a entrambi con la cultura gastronomica argentina, che invece arriva dalle origini materne di lei. «Mia madre è di Buenos Aires – dice a tutti Gaia in sala appena arrivano nuovi ospiti – per questo abbiamo deciso di fare qualcosa di piĂą delle Pallotte cacio e ova, portando un po’ di Argentina nei piatti».

In effetti le due tradizioni culinarie fortemente agricole e pastorali trovano il punto di incontro in una tavola frugale, ma di grande sapore. Ed è proprio il sapore a essere protagonista da Tapanì, con il valore aggiunto di essere servito nei piatti con una costruzione elegante, in un ambiente informale ma ricercato. La sala è un ampio spazio unico circondato da vetrate affacciate sul crocevia dei vicoli, l’arredo premia il legno come materia calda in un ambiente che gioca sulle varianti del verde e del rosso. Luminoso, semplice, con la cucina a vista separata da un banco di servizio. Così, mentre Gaia in sala disegna un’accoglienza sorridente, Mirco in cucina smista l’orto del papà e ai fornelli fa tutto da solo.

Il menu è divertente, a Ortona poi non si era mai vista una cucina così fuori dagli schemi e fa gola anche solo leggerla. La scelta per l’antipasto cade su un Carpaccio di manzo (13€), maturato 18 giorni e servito con una dadolata di pomodori e peperoni verdi, insieme a una maionese di senape e miele. Bello da vedere, centrato nel sapore e davvero divertente nei rimbalzi di gusto. Impossibile non assaggiare anche le Empanadas (8€), che con un ripieno di tre carni diverse e verdure dell’orto appagano senza deludere. Da condividere abbiamo anche preso un abbondante Quesadillas Tapanì (15€), ovvero un grande wrap di frumento ripieno di cif e ciaf (ricetta povera abruzzese a base di carne di maiale) e ricoperto di queso prima di andare in cottura al forno. Loro lo descrivono come un cannellone gigante e di fatto lo è, besciamella leggerissima e salsa ai peperoni ben dosata.

Il carpaccio di manzo

A seguire abbiamo assaggiato un Roastbeef con verdure (18€), buono, ma a sorprendere fino all’ultimo morso è arrivato un Capocollo kimchi (18€). La carne, cotta benissimo, presenta nel taglio un’equilibrata parte grassa e viene servita, nel suo fondo delicato, con una verza fermentata, acida e croccante al punto giusto. Peccato per l’aggiunta di cipolle caramellate, anche se qui la cipolla è una costante nei piatti: ma sul quel kimchi così equilibrato è sembrata un po’ troppo. La chiusura completa di una cena prevedrebbe un buon dessert, ma lo abbiamo saltato evitando di scegliere tra un Dulce di leche e un Bocconotto.

Quesadillas

In carta troverete anche tre opzioni di degustazione, tra cui quella a base di Tapas (30€) e un percorso di 5 piatti al buio (45€) che può essere anche di mare. La mano in cucina è decisa e ci sono sostanza e sapori riconoscibili in ogni piatto, affiancati da una ricercata selezione di materie prime locali e da una buona sensibilità sia nell’estetica che nella tecnica. Con una cantina contenuta che vede buone etichette di territorio e qualche chicca che arriva dalle zone di San Juan e Lujan de Cuyo, da Tapanì mangi con gusto, vieni servito col sorriso ed esci appagato.

Ortona, che nel 1943 ha chiuso la “sua” Guerra con coraggio e fierezza conquistandosi il nomignolo di “Stalingrado d’Italia”, oggi – nonostante la sua importanza strategica e la sua bellezza storica e naturalistica – vive una quotidianitĂ  piatta, senza eventi e senza una strategia per il turismo: è infatti commissariata. Il vuoto della politica locale, in una regione come l’Abruzzo, qui contrasta decisamente la forza di una popolazione orgogliosa e dalle coraggiose visioni di imprenditori come Gaia e Mirco.

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