Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi punta dritto al futuro pensando dedicando L’Assemblea 2024 al tema Formazione ed Educazione. Tema scottante, che indaga il tema della cultura alimentare a tutto tondo: parte dalla formazione scolastica, tra croniche difficoltà a strutturare dei percorsi formativi pratici (come sottolinea Mariella Organi) e prospettive aperte dalla riforma degli istituti tecnico-professionali sostenuta dal ministro Valditara, e arriva anche alle esigenze legate alla formazione aziendale, indispensabile per l’evoluzione del comparto, come dichiara il presidente di Fipe Lino Stoppani, che sottolinea il delicato contesto attuale, tra tensioni internazionali e incertezza economica, cambiamenti climatici, trasformazioni tecnologiche. Un quadro pieno di rischi, sfide ma anche opportunità che si possono cogliere anche e soprattutto grazie a una adeguata formazione.
Investire nello sviluppo del sistema educativo è fondamentale, così come lo è creare le condizioni adeguate perché si possa sviluppare una crescita complessiva in termini di conoscenza, competenza, saper fare, «una cultura d’impresa forte e una forte attenzione dedicata alle competenze», che possa trasformare il settore da luogo di quella che l’Istituto Tagliacarne di Unioncamere definisce imprenditoria per necessità , destinazione di chi non ha alternative, a una imprenditoria per opportunità . «In questo percorso virtuoso, però, la Politica deve fare la sua parte – dice Stoppani – deve aiutare a ripristinare il principio stesso mercato, stesse regole, più volte leso negli anni, con la deriva normativa sulla sua legislazione, con la rimozione di molti vincoli per l’accesso al mercato e abbassando la dotazione dei requisiti professionali e morali necessari per l’esercizio delle attività di Pubblico Esercizio».
C’è un altro passaggio fondamentale, però, che riguarda l’educazione, ed è quello che ha a che fare con l’educazione civica e la costruzione di una società più consapevole del ruolo del cibo, delle sue connessioni con l’identità dei popoli, la storia dei luoghi, la salute, la sostenibilità , la giustizia sociale. In questa visione si inserisce l’indagine di Ipsos I Giovani e il Cibo commissionata da Fipe, che indaga il rapporto con il cibo, su un campione di 500 persone di età compresa tra 18 e 34 anni.
Per il 64% degli intervistati, la prima e fondamentale relazione con il cibo si sviluppa nell’ambito familiare, con la figura materna che più di tutti incide su gusti e abitudini con la tavola che per l’87% degli intervistati rappresenta un momento conviviale di incontro e di scambio, come nel caso del pranzo della domenica, appuntamento ricorrente per il 76% delle persone. Sempre in ambito domestico si conosce l’importanza di un cibo di qualità (84%). Per oltre il 90% degli intervistati, le corrette abitudini alimentari iniziano a casa: i genitori dovrebbero essere un modello positivo per i propri figli, cosa che per il 91% è fondamentale per la loro salute e il loro benessere futuri.
Allo stato dei fatti, l’educazione alimentare si trasmette in famiglia (44%), sui social network (26%) a scuola e in tv (30%) anche s l’86% degli intervistati concorda sul ruolo della scuola in cui ben il 46% del campione ha dichiarato di non aver mai avuto occasione di partecipare a percorsi formativi sull’educazione alimentare (con prevalenza di intervistati di 25-34 anni). Tra chi invece ha incontrato questi percorsi sul proprio camino scolastico, il 23% lo ha fatto durante la scuola secondaria superiore, il 17% nella scuola secondaria inferiore, il 15% nella scuola primaria e il 10% all’università . Il 93% è d’accordo che sia importante che fin dalla scuola primaria siano organizzati percorsi di educazione alimentare (ma è molto d’accordo solo il 50% di persone).
È interessante che l’interesse per la cucina inizi in giovane età : per il 60% degli interpellati, dichiara che da bambino cucinare incuriosiva e piaceva, il resto invece era indifferente o del tutto disinteressato. Il 53% del campione in esame oggi cucina regolarmente, il 28% occasionalmente, il 18% raramente o mai. In ogni caso cucinare è un’attività colma di significati: è vista come un modo per prendersi cura di sé e degli altri (46%), esprimere la propria creatività (33%), ma è anche vista come un’attività rilassante e terapeutica (31%); solo per il 28% è un dovere o un obbligo, la stessa percentuale che la vede come un’occasione di condivisione e convivialità . A seguire c’è chi ci vede un legame con la propria tradizione e cultura (23%), ma anche un fonte di stress e ansia (8%), uno spreco di tempo e risorse (8%). La rete è fonte di informazione, ma meno di quanto ci saremmo aspettati: il 47% dei giovani intervistati usa internet per cercare ricette solo qualche volta, spesso il 32%, raramente o mai il 21%.
Per quanto riguarda il fuori casa, mangiar fuori è visto come un modo per uscire dalla routine mangiando qualcosa di diverso dal solito (35%), per incontrare gli amici (32%) o passare un momento speciale con il partner (23%), o la famiglia (18%) o premiarsi con qualcosa che piace particolarmente (30%). C’è poi la voglia di sperimentare nuove cucine, o di non dover provvedere al proprio pasto. Insomma, ci sono molte ragioni che spingono a frequentare i ristoranti, ma anche altrettante che trattengono dall’uscire a cena, prima tra tutte: il prezzo, per il 51% degli intervistati mangiare fuori è troppo costoso, un altro ostacolo è – per il 27% – la troppa confusione, mentre per il 21% la necessitò di prenotare per poter trovare posto. Per il 19% – a sorpresa – mangiar fuori è poco salutare, per il 18% le porzioni sono troppo piccole, mentre il 17% fa fatica a rispettare la propria dieta. Il confronto con la cucina di casa fa dire al 16% degli intervistati che i piatti non sono mai all’altezza di quelli preparati dai genitori.
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