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Giappone-Italia 1-0: sul cibo simili per passione, ma sulla consapevolezza non c'è partita

Da una conversazione con l'ambasciatore giapponese alla prova sul campo: saremo pure simili, ma il Giappone ci batte sulla cultura del cibo

  • 01 Febbraio, 2025

Parlando con l’ambasciatore del Giappone a Roma, una quindicina di anni fa, mi disse che l’Italia e il suo Paese hanno un approccio simile al cibo: entrambi puntano sulla qualità, sulla freschezza e sull’importanza degli ingredienti. Oggi, di ritorno da un viaggio in Giappone, quell’immagine è diventata un po’ sfumata.

Viaggio a Tokyo: l’impatto col cibo

L’impatto con il cibo – tutti i tipi di mangiare, dal supermercato ai ristoranti, dalle trattorie o pub o izakaya che dir si voglia, dalle case e dai mercati agli street food – è impressionante per chi scenda all’aeroporto di Tokyo e si immerga per la prima volta in quel mondo. Davvero, per chi sia minimamente appassionato di cibo è come entrare in un paradiso; per chi ha un rapporto “normale” con il mangiare è comunque un incredibile carosello di colori, sapori, di forme e di “soluzioni” dalle cotture al packaging.

Grill e spiedini di pollo con tutti i tipi di taglio, dal boccone del prete ai durelli, dalla pelle ei budellini. In apertura, street food di pesce al Mercato del Tonno di Tsukiji a Tokio

Al supermercato circondati da cibo, di tutti i tipi

Basta entrare in un supermercato qualsiasi: si va dai banchi del pesce tra cui chi fa la spesa prova a districarsi tra le decine e decine di offerte e indaga sulla qualità (e provenienza) dei prodotti. Si va da quello che per noi è semplicemente “sushi” – ovvero riso e pesce crudo di ogni genere – ai pesci conservati, essiccati (da usare anche come snack per i più piccoli a merenda: e lo fanno davvero), fritti, grigliati, bolliti, fino a tutto il comparto del pesce da cuocere: c’è di tutto e tutto è separato, diviso, scelto.

Al supermercato pesci e frattaglie di ogni tipo: uova, teste, intestini…

Uova di pesce, spiedini e frattaglie

Ci sono le uova (fresche e fermentate) di ogni pesce, ci sono le interiora (dai fegati alle alle sacche spermatiche), ci sono le preparazioni fermentate e le polpette cotte o crude fatte con la polpa grattata dalle spine quando si fa la pulizia. Idem per le carni – crude, cotte, grigliate, fritte: ci sono anche gli spiedini di “boccone del prete” – e verdure. La palamita, alias tonnetto, finisce a scaglie essiccato nel katsuobushi, ingrediente base del dashi, il brodo giapponese alla base di tutta la cucina nazionale (tranne al sud dove usano le ossa di malale di cui anche lì non si butta niente): la Fao gli ha dedicato a Roma una giornata-evento con i ragazzi delle scuole elementari come insegnamento alla sostenibilità anti-spreco. 

La preparazione del monja: piatto popolare antichissimo dei pescatori di Tokyo. Qui una intrerpretazione creativa ispirata al risotto al nero di seppia italiano

Le scelte dei giovani nei ristoranti

Non parliamo poi dei ristoranti, ovvero dei luoghi dove si mangia: che siano street food o vere e proprie tavole. I ragazzi adolescenti vanno a mangiare il “monja”, merenda tradizionale di Tokyo e solo di Tokyo: una pastella unita a cavolo, pesce, uova fermentate, gocce di tempura e quant’altro (fra preparazioni più moderne e più antiche) che ai nostri ragazzi farebbe ribrezzo. Ma anche intorno al nuovo mercato del pesce ci sono decine e decine di chioschi che vendono spiedini da mangiare camminando in cui sono infilzati pesci interi alla brace.

Il rito del manzo nella patria dello Yonezawa Gyu (pregiata razza di wagyu), vanto della prefettura di Yamagata: diverse marezzature e tagli e diverse cotture e preparazioni

Ci superano anche sui super-processati

Da noi, un po’ ce le sogniamo queste cose: da questo punto di vista sarebbe bello essere un po’ più simili al Giappone. E chi scrive non è un fan di manga né di novità orientali.
Ps. Ci sono anche una marea di cibi pronti e super-processati: da noi non mancano, ma anche in questo lì ci superano!

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