Il 24 aprile 1980, Luigi Veronelli รจ in onda con il suo Viaggio sentimentale dellโItalia dei vini: un prodotto curioso, decisamente autocelebrativo, pieno di ospiti straordinari, di atmosfere oniriche e di scelte comunicative destinate a una grandissima fortuna. In quella puntata, girato di spalle, Veronelli intervista un sofisticatore che gli spiega come fare 300 ettolitri di vino da 14ยฐ alcolici, partendo da 90 Hl di Montepulciano di Abruzzo: una pratica chiaramente, inequivocabilmente, di sofisticazione, punita dalla legge ieri come oggi.
Nella stessa puntata, Veronelli intervistava il professor Ciuso dellโUniversitร di Bologna che spiegava come grazie agli additivi e alle aggiunte si potessero modificare i vini in maniera sostanziale: ad esempio colorandoli con lโenocianina o come fosse possibile aggiungere zucchero agli spumanti, aggirando il generale divieto di zuccherare mosti e vini.
Ebbene, fare il vino con acqua zucchero e vari ingredienti o dargli colore con lโenocianina sono reati. Decidere alla sboccatura se vogliamo vendere il vino spumante come pas dosรฉ, brut o dry รจ unโopzione con centinaia di anni alle spalle, nata in Champagne e standardizzata in tutto il mondo: soprattutto, รจ una scelta lecita e legale.
Parto da queste scelte di Veronelli, quasi 45 anni fa per prevenire il fiume di sopracciglia alzate davanti alla puntata di Report di domenica 18 febbraio, perchรฉ lo schema sarร , come sempre quello. In ogniย puntata che la trasmissione di Rai 3 dedica al vino vengono accostate scelte legittime, ma che non piacciono alla redazione, a reati. Senza dire che le prime sono gravi come i secondi, per caritร , ma basta il contesto no? Ecco, no.
Report ha una caratteristica strutturale che pressochรฉ tutte le persone con una professionalitร hanno potuto constatare: รจ divertente, ficcante, addirittura vendicatore quando parla di ciรฒ di cui poco o nulla sappiamo. Diventa di una superficialitร condita da vere e proprie perle di ignoranza quando si occupa di temi che un minimo conosciamo. Ecco perchรฉ personalmente penso che sia un modello di intrattenimento, ma non un modello giornalistico, per quanto premiato da un vasto pubblico.
Nella puntata di dicembre dedicata al vino, il punto di partenza รจ stato lโacquisto di un podere da parte di un giornalista di Report, che avendo tra le pertinenze un piccolo vigneto ha provato a fare il vino e gli รจ venuto una schifezza. Cosรฌ spiegava il casus belli Sigfrido Ranucci a Loredana Sottile del Gambero Rosso.
Intervistando i vicini, il giornalista vignaiolo aveva scoperto che il vino non gli era venuto perchรฉ non aveva usato le magiche polveri dei piccoli chimici, ovvero gli enologi, fautori dei trucchi prodotti dalle multinazionali. Nella puntata di stasera (18 febbraio), lo stesso giornalista intervista un ex collega che ora fa il vignaiolo e che gli spiega come i lieviti selezionati rendano uguali i vini in tutto il mondo annullando il ruolo del terroir.
Si potrebbe subito osservare che allora, il vino ricavato dal podere dellโintervistatore, privo di ogni artifizio, non era venuto male, ma semplicemente rivelava il terroir. Trascurando la denegata ipotesi che fare il vino richieda competenze e quindi potrebbe essere stata fatale lโimprovvisazione del neofito.
Rimanendo su un piano di comprensione esercitata verso tanta sicurezza, si potrebbe magari obbiettare che se davvero esistesse il lievito per fare Opus One a Capracotta o Sassicaia a Melbourne, come mai il mondo รจ pieno di vini mediocri e invece i vini di certi luoghi e cantine meritano allori internazionali?
E veniamo cosรฌ al punto dellโignoranza crassa che alimenta il pregiudizio. Nel mosto ci sono molteplici gruppi di batteri e di lieviti (funghi unicellulari). Quelli che trasformano lo zucchero in alcol efficientemente sono i saccharomyces cerevisiae. Quando questi si sviluppano bene e in fretta, gli altri microrganismi debbono cedere il passo e il vino non avrร problemi a concludere la fermentazione.
A partire dal secondo dopoguerra, il migliori ceppi di lieviti individuati in giro per il mondo sono stati isolati e riprodotti, per permettere, a chi lo desidera, di aggiungerli al mosto dopo averli reidratati, e avere cosรฌ una fermentazione ordinata, prevedibile: una caratteristica desiderata specie in certe aree e certe annate. Ad esempio quando la cantina comincia ad essere troppo fredda o i mosti sono troppo zuccherini.
I lieviti non uniformano i vini: se cosรฌ fosse trovato il lievito giusto, avremmo grandi vini dalla stessa uva ovunque. I lieviti giocano un ruolo molto molto limitato nellโaroma dei vini rossi, perchรฉ i precursori aromatici sono nelle bucce in quantitร determinanti, mentre hanno piรน peso nelle fermentazioni โin biancoโ, ovvero senza le bucce: in questi vini, gli esteri prodotti dai lieviti danno un corredo aromatico a vini che, proprio per lโassenza di bucce nel processo fermentativo, avrebbero meno caratteri propri da trasferire al vino.
Se non si usano lieviti selezionati, i vini fermentano con lieviti presenti essenzialmente in cantina, non sulle bucce (a meno che non si tratti di quelle lacerate dalle punture di vespe o calabroni) come pure si crede e naturalmente Report va ripetendo. Ovviamente, aumenta il rischio che altri microrganismi agiscano sul mosto prima che i saccaromiceti prendano il sopravvento e questo puรฒ incidere sul prodotto finito e il suo aroma. E non sempre quanto fanno i microrganismi diversi dai lieviti saccaromiceti รจ desiderabile.
Dunque, la base di partenza di Report รจ un assunto (i lieviti selezionati uniformano) e perpetua un equivoco (i lieviti sono sullโuva, mentre ciรฒ non รจ vero). Il punto chiave perรฒ, e mi sembra giusto sottolinearlo, รจ che tutta questa filippica contro i lieviti selezionati e il mosto concentrato rettificato (MCR) dovrebbe contrapporre i piccoli (virtuosi, bravi, comunque migliori, secondo lโantica testardaggine di Veronelli) aiย grossi produttori industriali. E punta a dare lโidea che comunque, MCR e lieviti selezionati se non sono reati sono comunque deprecabili.
In realtร , ci sono produttori da pochissime bottiglie che usano lieviti selezionati e MCR, mentre grandi produttori vi rinunciano piรน che volentieri. Perchรฉ? Perchรฉ legittimamente esistono diversi mercati del vino, in misura corrispondente a quanti diversi tipi di consumatori esistono. Se il mercato di un vino รจ fatto di consumatori quotidiani, simili alla maggioranza dei bevitori di vino del passato, lโuniformitร tra le annate sarร un valore, perchรฉ il vino sarร una bevanda.
Viceversa, se il vino รจ puro piacere edonistico, fuori dallโabitudine di consumo, allora tanto maggiore รจ la varietร tanto migliore รจ la proposta al mercato. Si puรฒ giudicare uno metodo come migliore e soprattutto moralmente superiore allโaltro, essendo entrambi ugualmente leciti e fondati in ugualmente legittime scelte aziendali? Ne dubito.
Laddove Report fa centro รจ sulla critica delle commissioni di degustazione che oggi sono fatte in modo tale da premiare un modo di fare il vino, che raramente รจ quello meno standardizzato e interventista. Per correggere questa stortura, anni fa la FIVI propose che nelle commissioni di degustazione ci fosse sempre un vignaiolo produttore, con almeno dieci anni di esperienza.
Perchรฉ? Perchรฉ tra chi decide se un vino corrisponde a un modello definito in un disciplinare ci fosse anche chi rischiava le proprie risorse nel rapporto con il mercato, non solo enologi e assaggiatori. Questo perchรฉ, ancora una volta vale la pena ricordarlo, le commissioni di degustazione, con il potere di declassare i vini, sono state una battaglia (vinta) indovinate di chiโฆ esatto, Luigi Veronelli, che le chiedeva con veemenza ne Il vino giusto (Rizzoli, 1971). Recuperare allโevoluzione del mercato, che ben conoscono i produttori, le commissioni di degustazione รจ lโunico modo di non gettare il bambino con lโacqua sporca.
Purtroppo, ancora una volta, Report perde la chance di ricordare che lโuso di MCR da questโanno deve essere indicato in etichetta, come lo zucchero degli spumanti o il metabisolfito di potassio, perchรฉ cosรฌ ha voluto lโUe nel 2021: una piccola rivoluzione copernicana, che insieme allโetichetta nutrizionale potrร costituire una nuova forma di trasparenza.
I tempi cambiano e certamente cambiano le esigenze. Quello che non cambia รจ il bisogno di avere contezza della multiformitร del fenomeno vino, rinunciando a presentarsi come guru e giustizieri della notte, chรฉ il comune destino รจ segnato, dallo sbadiglio e dal telecomando.
* Michele Antonio Fino รจ Professore Associato di Diritto Romano e Diritti dellโAntichitร presso l’universitร di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
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